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Nell’anno scolastico 1999-2000
l’I.P.S.I.A. (Istituto Professionale Statale Industria e Artigianato
indirizzo chimico biologico) di Scansano ha dato inizio ad un progetto, denominato “Progetto
Territorio”, orientato a valorizzare le risorse della zona e ad
approfondire le conoscenze degli alunni in ambito storico e
naturalistico.
Il settore storico-artistico si è interessato di Scansano e di alcuni
dei paesi vicini (Montorgiali, Pomonte, Baccinello) nonché di emergenze
archeologiche.
Un’indagine accurata ha interessato il centro storico di Scansano di cui
sono stati osservati e studiati non solo gli edifici più importanti, ma
gli stemmi e le epigrafi del quartiere del Dentro.
Il settore naturalistico si è occupato della flora e della fauna; di
Paleontologia (Oreopithecus bambolii di Baccinello); di Geologia, di
Cartografia; di Orienteering (tecniche per orientarsi con la bussola);
si sono evidenziate, infine, le connessioni tra vegetazione e
caratteristiche climatiche e altimetriche.
Diversi sono stati gli Insegnanti coinvolti: Sonia Bonari
(Orienteering), Daniele Ceccarelli (realizzazione di un CD multimediale
comprensivo del materiale prodotto da insegnanti e studenti,
masterizzazione dei diagrammi della pubblicazione in oggetto), Andrea
Lelli (Geologia), Bruna Ramella (Cartografia, Geologia, Paleontologia),
Marta Tonini (quadro storico generale di riferimento, schede storiche,
coordinamento del progetto), Enrico Vittori (Botanica, Zoologia,
preparazione ed organizzazione dei Trekking).
Per approfondire tematiche e aspetti particolarmente interessanti, ci
siamo avvalsi dell’aiuto di esperti:
-Renata Caprini Ginesi, scrittrice e studiosa di storia locale: la
storia di Scansano, le epigrafi e gli stemmi del Dentro;
-Dott.Andrea Sforzi, Direttore del Museo di Storia naturale della
Maremma di Grosseto: le influenze climatiche ed altimetriche sullo
sviluppo e la distribuzione della vegetazione; la fauna e la flora
tipiche della zona; cenni sull’Oreopithecus bambolii;
-Leonardo Fanciulli, insegnante di Educazione Fisica: uso della bussola,
tecniche di orientamento; giochi sull’orientamento;
-Ferdinando Soldatini, esperto di storia locale: l’evoluzione
dell’economia del territorio di Scansano;
-Remo Martini, ex guardia forestale: la vegetazione spontanea della zona
e le piante introdotte ad opera dell’uomo; gli alberi più antichi di
Scansano e dintorni.
Alcuni studenti si sono distinti nelle varie attività (che riguardavano
principalmente gli alunni di I, II e III Operatore Chimico-Biologico) e
vogliamo ricordarli: Amaranta Biancheri, Letizia Margiacchi, Simone
Manfucci, Stefano Pansolli.
Ci è sembrato giusto e doveroso far conoscere il lavoro svolto
dall’Istituto (insegnanti e ragazzi) pubblicando una guida dei percorsi
organizzati.
Il materiale della presente pubblicazione è stato organizzato, ampliato,
approfondito e riscritto (relativamente al settore storico e
naturalistico) da Marta Tonini e Enrico Vittori
Si ringraziano per la collaborazione:
Dott.ssa Maria Grazia Celuzza, Direttrice del museo Archeologico della
Maremma di Grosseto;
Mario Cicerone dell’associazione culturale “Sette Castelli” di Scansano;
Domenico Santella, Comitato folkloristico Montorgiali.
Per le notizie sulla miniera di Baccinello:
Franco Ferrari e Arnaldo Urgelli
Per il Comune di Scansano:
Geom.Walter Trusendi
Ass.Graziano Stella
Dott.ssa Tiziana Vanelli
Un ringraziamento particolare ai colleghi dell’IPSIA di Scansano:
Franco Mannelli
Luigi Tollapi
SCANSANO PER SENTIERI
Itinerari storico-naturalistici
A cura di
Marta Tonini e Enrico Vittori
SCANSANO: AMBIENTE E TERRITORIO
Il comprensorio di Scansano è un territorio quasi totalmente collinare
che si sviluppa nelle aree interne della Provincia di Grosseto, tra la
costa e il monte Amiata.
E’ delimitato, nelle sue linee essenziali, dal versante destro del
bacino del fiume Albegna, che sgorga dalle pendici del Monte Labro, e da
quello sinistro dell’Ombrone, il più importante fiume della Toscana
Meridionale.
Il clima è caratterizzato da estati calde e aride e da inverni miti con
scarse precipitazioni (ovviamente si ha una temperatura più alta nelle
valli e temperature medie più basse col salire dell’altitudine e
l’allontanarsi dal mare).
Nella parte collinare del Comune di Scansano sono collocati i nuclei
abitativi più antichi, situati sui poggi, in posizioni strategiche
privilegiate. Nella parte pianeggiante gli insediamenti sono più
recenti, alcuni sono nati solo in seguito alle bonifiche della Riforma
agraria in età attuale.
Il paesaggio è costituito dall’alternarsi delle coltivazioni della vite
olivo e cereali, i boschi, che occupano circa il 20 % del territorio, si
estendono soprattutto dove il terreno, a causa delle eccessive pendenze,
risulta di difficile coltivazione.
Dal punto di vista morfologico il territorio è caratterizzato da tre
tipologie geologiche diverse:
terreni argillosi, calcarei e calcarenitici; in essi vi è una ricca
presenza di fossili del periodo dell’Olocene.
terreni nei quali si trova il macigno toscano, costituito da arenaria
compatta e a grana fine, di colore grigio o marrone chiaro, relativo
all’Oligocene.
c. terreni costituiti da sedimenti alluvionali del Pliocene diffusi
lungo la vallata dell’Albegna.
La vegetazione boschiva è costituita dalla “macchia mediterranea” nella
quale si riscontra una prevalenza di sempreverdi quali il leccio, l’alaterno,
il corbezzolo, il lentisco e la fillirea; vi sono inoltre molti
esemplari di roverelle (la comune quercia per i maremmani), di frassino
minore, di acero campestre, accompagnati da un ricco sottobosco
costituito da ginestre, eriche, elicrisi, orchidee selvatiche,
pungitopo, felci, ciclamini, primule, rose di macchia, ecc.
Le aree più fresche e umide sono occupate da boschi di lecci, mentre
nelle zone con clima più mite sono numerose le sughere.
All’interno di questi boschi vive una fauna caratteristica della Maremma
come il cinghiale, l’istrice, il capriolo, il tasso, il riccio, la
volpe, la donnola, la faina e numerose specie dell’avifauna italiana
come la poiana, la civetta, il gufo, l’upupa, la ghiandaia, ecc.
Anche le aree umide, legate alla presenza dei corsi d’acqua, rivestono
un importante ruolo naturalistico per la flora e la fauna che le
caratterizzano; essa è costituita da pioppi, ontani, salici, felci,
talvolta riunite in grandi e folte siepi che costeggiano gli argini dei
torrenti e dei fiumi. In questi luoghi la fauna più facilmente
osservabile è formata soprattutto da diverse specie di anfibi, rettili,
uccelli e piccoli mammiferi, oltre che da numerose specie ittiche.
Nella zona di Scansano, inoltre, vi sono estesi giacimenti minerari di
cinabro, zolfo, antimonio e lignite che per molto tempo sono stati
economicamente produttivi costituendo un’importante fonte di lavoro per
gli abitanti dei piccoli paesi dei dintorni. Grazie all’attività
estrattiva, sono emerse dal sottosuolo numerose testimonianze di epoche
passate tra le quali sicuramente la più significativa è da ritenersi il
ritrovamento di uno scheletro completo di “Oreophitecus bambolii”(conosciuto
come ”l’Ominide di Baccinello”), un primate che ancor oggi interessa gli
studiosi a livello mondiale per alcune caratteristiche affini agli
ominidi (il nome significa approssimativamente “scimmia dai denti a
profilo montuoso”). Sono stati ritrovati, inoltre, in questa zona, anche
resti di una fauna ormai estinta che testimonia di un clima molto
diverso da quello attuale nel lontano passato. La successione delle
varie epoche storiche, inoltre, ha lasciato tracce di un certo interesse
come i resti archeologici di Ghiaccio Forte, dell’Aia Nuova, o come gli
insediamenti più recenti di Montepò, della Fattoria di Pomonte, del
convento del Petreto.
A tale proposito ci sembra opportuno fornire una breve sintesi delle
vicende riguardanti il territorio di Scansano in modo che gli edifici o
le emergenze archeologiche di cui si darà notizia possano essere
inserite nel contesto storico di appartenenza.
I primi reperti presenti nel territorio di Scansano risalgono all’età
del Bronzo ( si tratta soprattutto di “ripostigli” in cui venivano
conservati asce e pani), mentre per le epoche successive abbiamo resti
più cospicui.
L’età etrusca, caratterizzata da città indipendenti che non si unirono
mai in un unico stato, vide affermarsi nel comprensorio della valle
dell’Albegna il dominio di Vulci. Ciò fece sì che la media valle del
fiume fosse intensamente frequentata (fine VII-inizi VI secolo a.C.)
sino al periodo di crisi del V secolo, in cui le città etrusche furono
interessate da contrasti interni. Nel quadro di una riorganizzazione
sociale, vennero ristrutturati militarmente alcuni centri sottoposti
all’influenza di Vulci come Orbetello, Talamone e Saturnia, e furono
fondati nuovi centri fortificati nella campagna come il villaggio di
Ghiaccio Forte (IV-III secolo a.C.), un insediamento difensivo a
controllo dell’area a causa del pericolo rappresentato
dall’espansionismo di Roma; da Ghiaccio Forte, infatti, si ha una veduta
che spazia fino al mare, alle colline del Lazio e alla via di accesso a
Saturnia. Con la caduta della città etrusca di Vulci nel 280 a.C., anche
Ghiaccio Forte fu distrutto. Conclusa la conquista, la romanizzazione
del territorio non iniziò subito, ma, presumibilmente, nella seconda
metà del II secolo a.C. dopo la deduzione della colonia romana di
Saturnia (183 a.C.) e di Heba, fondata probabilmente tra il 167 e il 157
a.C., e situata vicino a Magliano. La centuriazione (la suddivisione
agraria della colonia), effettuata secondo lo schema ortogonale, fu
condizionata dalla situazione idrografica; la centuriazione, infatti,
segue in alcuni tratti l’andamento del fiume Albegna e dei suoi
affluenti di destra ad esso quasi perpendicolari. I corsi d’acqua furono
convogliati in canali formando, in alcuni casi, i confini delle
centurie. Fu ripreso e modificato il percorso della strada che dalla
costa, lungo la destra dell’Albegna, arrivava fino a Saturnia
costituendo il decumano massimo della centuriazione. Furono inoltre
costruite strade che mettevano in collegamento i vari insediamenti
abitativi di cui fa parte la villa degli Anili in località Aia Nuova.
Secondo gli studiosi, le fattorie e le ville (complessi abitativi e
rurali al centro di proprietà agrarie) di Saturnia e di Heba erano
possesso di notabili anche di origine etrusca, fatto questo che
permetteva al nuovo assetto economico di inserirsi nella compagine
preesistente in modo meno traumatico rispetto, per esempio, a quanto
avvenuto nella colonia di Cosa in cui le ville appartenevano
all’aristocrazia senatoria proveniente da Roma. La cosiddetta villa
degli Anili fu possesso di Publius Anilius, un veterano che, come d’uso,
alla fine della carriera militare ricevette della terra come ricompensa
per il servizio prestato. Dal I-II secolo d.C. tali insediamenti
cominciarono a diminuire, probabilmente, in parte, a causa dell’Editto
dell’imperatore Traiano che obbligava i senatori a possedere terre nella
penisola, favorendo, quindi, indirettamente, il latifondo a svantaggio
della piccola e media proprietà agraria.
Il nucleo del futuro paese di Scansano è probabilmente molto antico come
testimonierebbe l’origine del nome dovuto a S.Ansano, martire del I sec.
d.C, o , secondo altri, a terra della Gens Scantia.
Il primo documento in cui Scansano viene menzionato è la Bolla di
Clemente III del 1188 in cui è citato anche Montorgiali.
Risalgono, dunque, ad epoca medievale (XI-XII secolo) i castelli di
Scansano e Montorgiali attorno ai quali poi si svilupperanno i paesi
attuali.
Sotto Montorgiali, ricca di acqua, secondo alcuni studiosi era stato
costruito dai romani un acquedotto. E per altri attenti osservatori del
territorio, la via Clodia, di dimensioni più ridotte e con
pavimentazione più povera, si snodava anche intorno a Montorgiali e tra
i Castelli di Cotone e Montepò; via che fu usata in età longobarda e
continuativamente fino al periodo Leopoldino.
Nel periodo medievale, l’età in cui i due paesi si sviluppano, si
affermò nella zona il dominio della famiglia degli Aldobrandeschi.
Questi, già nel IX secolo, erano signori di una contea la cui sede era
Roselle. A causa delle incursioni saracene, spostarono le sedi comitali
a Sovana e S.fiora costituendo di fatto due contee separate anche negli
interessi; ciò permise ai comuni di Siena, Pisa e Orvieto, che
diventavano sempre più forti, di appropriarsi progressivamente dei loro
domini. Nel 1274 la divisione delle due contee venne ratificata
solennemente: ad Aldobrandino di Guglielmo (il conte Rosso di Montaperti)
andò il titolo di conte di Sovana, mentre ad Aldobrandino di Bonifazio
quello di conte di S.Fiora. La contea di S.Fiora includeva la parte che
dall’Amiata arriva fino all’Ombrone e al fiume Albegna. Nel 1250 i conti
di Montorgiali, già vassalli degli Aldobrandeschi, i cui possedimenti
comprendevano anche il centro del Cotone e il castello di Montepò, si
sottomisero alla Repubblica di Siena. Nella piccola contea di
Montorgiali subentrò una famiglia senese, imparentata con i conti di
Montorgiali, che prese il nome di Casato dei Cotoni. I nuovi conti
rinnovarono l’atto di sottomissione a Siena e nel 1378 essi, e i conti
di Montorgiali, vendettero parte delle loro proprietà alla Repubblica
senese. Successivamente gli Aldobrandeschi riconobbero l’egemonia di
Siena cedendole i loro diritti sul castello di Montorgiali.
Scansano nel 1274 fu attribuito agli Aldobrandeschi del ramo di S.Fiora
che tuttavia ben presto dovettero fronteggiare la minaccia costituita
dalla Repubblica; il castello, infatti, viene citato negli atti di
sottomissione a Siena a metà del XIV secolo. Aldobrandeschi e Tolomei di
Siena condivisero i diritti sul castello fino a quando, grazie al
matrimonio di Cecilia Aldobrandeschi con Bosio di Muzio Attendolo Sforza
di Cotignola, il possesso di Scansano passò ai conti Sforza di S.Fiora.
Intorno al XVI sec. Scansano conobbe un discreto sviluppo come
testimoniano l’accresciuto numero degli abitanti e i palazzi pubblici e
privati costruiti in questo periodo (il palazzo Pretorio, il palazzo del
podestà, la tesoreria Comunitativa, la casa dell’Ospedale, la casa
dell’Abbondanza e molte abitazioni private del Dentro i cui architravi
in pietra serena sono adornate da stemmi o epigrafi). La chiesa di
S.Giovanni Battista, invece, sembra risalire, nelle strutture originali,
al XIII secolo; divenne Collegiata nel 1628. Nel 1615 Scansano e Pomonte
furono ceduti da Mario Sforza a Cosimo II dei Medici, ma, secondo alcuni
autori, la dominazione medicea risultò negativa per il territorio
collinare in quanto i nuovi signori non migliorarono le situazione
agraria ristabilendo un’organizzazione di tipo feudale. Nel XVII secolo
il Cotone, i cui territori vennero dati in affitto privando la
popolazione del necessario sostentamento, decadde e così Montorgiali;
mentre Montepò apparteneva ormai ai Sergardi e la tenuta di Pomonte era
assegnata in enfiteusi ai Vivarelli. Le condizioni miglioreranno invece
nel Settecento con il passaggio alla casata austriaca dei Lorena che,
con Il Trattato di Vienna del 1735, alla morte di Giangastone dei Medici
otterrà Il Granducato di Toscana. Il Granduca Pietro Leopoldo,
rendendosi conto dei problemi specifici della Maremma, separò la
provincia di Grosseto da Siena e provvide ad intraprendere opere di
bonifica nelle zone paludose e malariche della pianura. Egli, inoltre,
stabilì la suddivisione in particelle di terreno delle proprietà della
Mensa vescovile di Grosseto, compresa tra Montorgiali e Istia d’Ombrone,
in modo da formare un ceto di piccoli proprietari terrieri. In questo
periodo la popolazione della zona avrà un notevole incremento e il paese
di Scansano conoscerà un nuovo sviluppo allargandosi fuori dalle mura
(il Borgo). Alcuni dei palazzi del Borgo furono fatti costruire da
famiglie di commercianti venuti dalla Liguria che si erano arricchiti
con l’estrazione di zolfo e antimonio o con altre attività produttive
come la viticoltura. Dopo la Restaurazione, successiva al Congresso di
Vienna, LeopoldoII ufficializzò l’estatatura ( praticata, seppur con
modalità diverse, dal XIV secolo dopo la conquista senese della città di
Grosseto) per cui tutti gli uffici pubblici di Grosseto, situato in una
zona malarica, venivano trasferiti durante l’estate nel paesino
collinare. Fatto questo, da cui Scansano ricavò nuova vitalità e
vantaggi come il miglioramento della strada Grosseto-Scansano e il
progetto per la costruzione di un teatro. Nel 1816, inoltre, fu aperto
lo stabilimento delle zolfiere, le cui miniere erano già state sfruttate
nella metà del Settecento, ma che ora venivano organizzate
razionalmente. L’estatatura fu abolita dopo l’arrivo a Grosseto,
dall’Amiata, dell’acqua potabile che si pensava avrebbe risolto il
problema della malaria; questa convinzione, insieme a motivi di
carattere economico, determinò la fine dell’estatatura con legge n.321
del 20 luglio 1897.
Con l’unità d’Italia altri edifici completarono la fisionomia del paese
come il nuovo ospedale, le scuole elementari, la chiesa della Madonna
della Botte (inaugurata con la struttura attuale nel 1867) il teatro
Castagnoli e il monumento a Garibaldi nell’omonima piazza .
Il territorio di Scansano si presenta nel suo complesso, quindi, come
una zona interessante sia dal punto vista naturalistico che
storico-artistico, aspetto questo che abbiamo deciso di sottolineare nei
percorsi proposti.
Carta del territorio di Scansano
PERCORSO N°1 “TREKKING DELLA VILLA ROMANA ”
Scansano-Villa romana degli Anili-Scansano
Carta topografica
Altimetria
DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO
Il percorso si sviluppa per circa 13 km, in direzione sud, nelle
vicinanze di Scansano, in un territorio essenzialmente collinare in cui
si alternano pascoli, siepi e boschi.
Le colline ospitano case coloniche e rustici; l’ambiente comunque si
presenta complessivamente ancora abbastanza integro, vi si pratica
infatti un’agricoltura non intensiva e l’asprezza di alcune pendici
consente uno sfruttamento limitato al taglio del bosco .
Particolare interesse rivestono dal punto di vista storico, i resti
della villa romana degli Anili in località Aia Nuova.
Il percorso prende avvio dal paese stesso in direzione Pereta seguendo
per un breve tratto la strada asfaltata 323; ci si immette quindi sulla
S.P. n°103 dei Salaioli per Cerreto Piano. Percorsi circa 3,5 km sulla
strada asfaltata, si imbocca una sterrata sulla destra, sita di fronte
al podere Uccellina. Si segue il percorso principale per circa 1 km e si
raggiunge la strada dei Ripacci all’altezza di Poggio di Vite. Si svolta
poi sulla sinistra e si prosegue, seguendo la “strada bianca,” per circa
1,5 km in direzione del podere Aia nuova. Varcato il cancello che porta
al podere, si prosegue per altri 200 m, quindi, poco prima di
raggiungere l’abitazione, si svolta sulla destra lungo un tratturo che
serpeggia tra una vegetazione selvatica di biancospini e marruche. Dopo
qualche centinaio di metri si giunge ai resti dell’insediamento della
Villa Romana.
Per tornare indietro, si risale verso il podere Aia Nuova, si prosegue
lungo la strada dei Ripacci, in direzione Scansano, per circa 3 km fino
ad incontrare il bivio per il podere Valsanese; senza giungere
all’abitazione, si gira sul sentiero che si trova sulla sinistra e che
scende fino al Fosso del Romitorio. Guadato il ruscello, si risale in
direzione Scansano per un piccolo sentiero che serpeggia tra la ricca
vegetazione. Giunti alla strada asfaltata n°323 si prosegue sulla destra
per ritornare al paese.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Villa degli Anili
Situata nella zona dell’Aia Nuova, la Villa Romana risale al periodo
compreso tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero. Appartenne
alla famiglia degli Anili, come attestato da incisioni su tegole di
terracotta ritrovate sul posto. L’edificio, costruito su un terrapieno
artificiale, si articolava su due livelli ed era fornito di un
criptoportico (a cui oggi non è possibile accedere), in origine adibito
probabilmente a magazzini. La villa, fattoria e residenza signorile, è
costituita dalla parte abitativa ( l’atrio su cui si affacciavano la
sala per i banchetti, la sala di rappresentanza e le camere da letto),
con pavimenti a mosaico e pitture murali (conservate per un’altezza di
35 cm.), e dai locali di servizio. Tra questi è da menzionare una stanza
circolare, il sudatorium, facente parte dell’impianto termale, di cui
sono ancora ben visibili le strutture per far circolare l’aria calda al
di sotto del pavimento. Accanto alla villa vi era probabilmente un
giardino poiché sono state ritrovate delle vasche nelle quali scorreva
l’acqua per irrigazione. La villa fu abbandonata alla fine del I secolo
d.C., forse in conseguenza di un incendio; successivamente fu
riutilizzata, seppure non stabilmente, fino all’epoca tardoimperiale. I
reperti ad essa appartenenti possono essere osservati nel museo del
Palazzo Pretorio a Scansano.
NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Istrice ( Hystrix cristata)
Non è difficile trovare sul terreno gli aculei bianchi e neri tipici di
questo grosso roditore. Essi ricoprono dorso e coda dell’animale e
vengono usati come arma di difesa contro i predatori. L’istrice può
raggiungere grosse dimensioni, fino ai 20 kg di peso e una lunghezza di
60-80 cm. Ha le zampe anteriori con forti unghie adatte allo scavo, ha
abitudini notturne e si alimenta di tuberi, bulbi di piante, frutti e
occasionalmente anche di insetti e piccoli animali.
Felce (Div.Pteridofite: equisetum, dryopteris, polypodium, asplenium)
Lungo i corsi d’acqua è possibile osservare fitte distese di queste
piante. Sono piante particolari che non producono fiori e semi; la
riproduzione, quindi, avviene tramite spore contenute negli sporangi che
si raggruppano in rigonfiamenti scuri sulla pagina inferiore della
foglia: i “sori”. Le spore hanno bisogno di un substrato liquido ed è
per questo motivo che le felci si trovano abbondanti lungo i corsi
d’acqua.
PERCORSO N° 2 “TREKKING DEL CONVENTO”
Scansano-Convento del Petreto-Poggioferro-Scansano
Carta topografica
Altimetria
DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO
Il percorso si sviluppa sempre nelle vicinanze di Scansano, in direzione
est, nord-est, compiendo un anello di circa 13 km. Il tracciato, di
media difficoltà, tocca le frazioni di Scansano, Poggioferro e il
Convento del Petreto. Il paesaggio che si attraversa è di tipo
collinare, con pascoli interrotti da siepi molto fitte e da zone
boschive. Nel complesso la vegetazione è ancora abbastanza integra, data
la scarsa estensione delle coltivazioni. Il percorso prende avvio dal
paese di Scansano in direzione convento del Petreto (il punto più alto
del sentiero, 548m). L’edificio, circondato da un bosco di lecci, si
inserisce armoniosamente nel paesaggio, ma attualmente, può essere
visitato solo in parte, in quanto è stato adibito ad abitazione.
Mantenendosi alla destra della croce di legno, si percorre la piccola
strada sterrata fino ad arrivare alla strada principale; da qui,
mantenendosi sempre sulla destra, si entra in una sterrata di piccole
dimensioni che costeggia dei pascoli; dopo un paio di km il sentiero
sterrato conduce ad un fontanile nei pressi della strada asfaltata per
Poggioferro. Si prosegue a sinistra in direzione Poggioferro sulla
strada asfaltata n°323, per circa 500 m, e si giunge alla piccola
frazione del comune di Scansano. Si può decidere di fare una sosta per
visitare il paesino di Poggioferro, oppure, all’ingresso del paese, si
gira sulla destra, lungo una sterrata piuttosto ampia che si segue per
circa 1 km. A questo punto si gira, di nuovo, sulla destra puntando
verso il fosso Molino del Diavolo. Guadato il torrente, si risale in
direzione podere degli Orti. Attraversata la strada asfaltata n° 322 che
collega Scansano a Pomonte, si scende dal podere verso il Fosso dei
Mulini, che poi verrà guadato. Risalita la vallata, lungo una vecchia
“dogana” si arriva alla strada n°103 dei Salatoli; si prosegue verso
destra in direzione Scansano per un paio di km. Si arriva, infine, sulla
strada n° 323 e girando nuovamente verso destra si rientra al paese.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Il convento del Petreto
Il nucleo originario, una semplice cella monastica, risale probabilmente
al Medioevo (come attesta la leggenda secondo la quale S.Bernardino
avrebbe ivi predicato nel 1422), ma il suo completamento è da ascriversi
agli inizi del XVI sec. per volontà di Guido Sforza, conte di S.Fiora;
già nel XVII sec., tuttavia, il complesso subì una ristrutturazione. Gli
edifici comprendevano la chiesa, con il portico e il chiostro, e la
chiesa della compagnia. Il convento era nel I702 sede di un seminario di
francescani; con i cambiamenti conseguenti alla Rivoluzione francese, fu
inglobato nel patrimonio statale e destinato ad altro uso. A fine
Ottocento fu sede de “La colonia agricola di Scansano” un esperimento
innovativo che si proponeva il recupero e l’educazione di circa sessanta
ragazzi “difficili” attraverso un programma di lavoro e di studio. Dopo
vari passaggi, il convento, agli inizi del ‘900, tornò ai frati minori.
Oggi, diviso in piccoli appartamenti, è proprietà privata.
Non è possibile, quindi, visitare l’interno del convento, ma solo la
chiesa previo accordo con il parroco.
NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Cinghiale (Sus scrofa Major)
Non è raro trovare le tracce del passaggio del cinghiale, tipica è la
“zappatura” effettuata con il lungo muso o “grifo” alla ricerca di larve
e radici. In alcune zone si possono trovare piccole piscine dette
“insogli” usate dai cinghiali per bagnarsi nel fango allo scopo di
togliersi di dosso i parassiti. Il cinghiale ha il corpo ricoperto di
lunghe setole rigide, il suo peso può raggiungere i 2 quintali.
Preferisce muoversi dopo il crepuscolo, vive in gruppi familiari. E’
onnivoro, anche se preferisce tuberi, radici, ghiande e faggiole. E’ il
capostipite di tutte le razze domestiche di suini.
Pungitopo (Ruscus aculeatus)
E’ facilmente riconoscibile per le tonde bacche rosse e per le foglie
dure e appuntite. Un tempo, proprio per questa caratteristica, veniva
usato dai contadini per difendere le granaglie e gli insaccati dai topi.
Quelle che sembrano foglie in realtà sono dei rametti appiattiti
chiamati “cladodi.” Le foglie vere e proprie sono piccolissime,
triangolari e sono inserite al centro dei cladodi. Il pungitopo si trova
con frequenza nel sottobosco di roverelle e cerri, ma anche in ambienti
più soleggiati e mediterranei.
PERCORSO N°3 “ TREKKING DI MONTEPO’ ”
Scansano-Montepo’-Scansano
Carta topografica
Altimetria
DESCRIZIONE DEL PERCORSO
Il percorso si snoda nelle vicinanze di Scansano, in direzione Nord,
fino a raggiungere il castello di Montepò per una lunghezza di circa 15
km. L’itinerario si avvia dirigendosi verso il convento del Petreto e
prosegue lungo una sterrata in direzione del podere Maremmello e del
podere Sasseta. Da questo ultimo podere si prosegue lungo un sentiero,
in alcuni punti poco evidente, che porta al torrente Senna. Guadato il
fiume, si risale in direzione del podere Greppellino e subito dopo si
scende nuovamente e si guada il Fosso del Benefizio; si risale poi in
direzione del podere Alessandro. Da qui si procede in direzione Montepò
per la visita al castello. Per il ritorno ci si dirige verso Scansano
lungo la sterrata che porta alla strada asfaltata che collega Pancole e
Polveraia; si prosegue sulla sinistra sempre in direzione Scansano. Dopo
circa 1,5 km ci si immette in una sterrata sulla sinistra (strada dei
Baticci). Proseguendo, oltre il podere, si ridiscende fino al fosso
Senna. Da qui si può scegliere di ritornare al podere Sasseta e rifare
il percorso dell’andata, oppure di percorrere il letto del torrente
(nella stagione estiva), fino a raggiungere, sulla sinistra, i segnali
apposti per una ippovia e poi risalire verso il podere Maremmello. Da
qui, infine, si prosegue in direzione del Convento del Petreto e poi per
Scansano.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Il castello di Montepò
Le origini di Montepo’ risalgono probabilmente al XII secolo. Nel corso
dei secoli appartenne ai signori del Cotone e, successivamente, al
territorio di Siena che lo pose “a contado”. Fu affidato, poi, alla
nobile famiglia senese dei Sergardi che nel Settecento ne fece il centro
di riferimento per otto grandi poderi. L’impianto del castello-recinto
con l’alto muro in pietra con basamento a scarpa, e torri di rinforzo ai
lati, che circonda il complesso, risale alla metà del XVI sec. e fu così
voluto da Roberto Sergardi. All’interno gli edifici appartengono ad
epoche diverse: all’abitazione padronale, che presenta caratteri
rinascimentali, si oppongono sui lati opposti costruzioni per uso
agricolo, mentre al centro della corte si trova la cappella. Della
struttura della villa fortificata rimangono un pozzo, un cammino di
ronda e una piombatoia a camino. All’esterno vi è un’altra cappella con
decorazioni settecentesche.
La villa è di proprietà privata e quindi non visitabile; tuttavia la
bellezza e l’imponenza dell’edificio sono apprezzabili anche
dall’esterno.
NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Volpe (Vulpes vulpes)
E’ un canide molto elusivo, l’unico segnale che ne indica la presenza è
l’abitudine di segnare il proprio territorio con escrementi in punti
leggermente sopraelevati rispetto al terreno. Ha un peso che va dai 4 ai
10 kg, un muso appuntito e allungato, una coda folta ed un colore
solitamente fulvo. Ha abitudini crepuscolari e notturne, abita in tane
sotterranee; si nutre di piccoli mammiferi, uccelli, insetti e, in
periodi di carenza di cibo, anche di bacche.
E’ il principale propagatore della rabbia silvestre, ma è anche utile
perché elimina selvaggina malata e morta.
Orchidee
Questa famiglia riveste un ruolo di primo piano tra le presenze floreali
della nostra zona. Nei mesi di maggio e giugno è facile osservare queste
piante in prati e radure. Le orchidee europee, a differenza di quelle
tropicali, crescono sul terreno e non su altre piante. Sono costituite
da un fusto sotterraneo, tuberoso, diviso generalmente in più parti.
Questi “rizotuberi” sono accompagnati sempre da radici vere o
avventizie. La forma dei rizotuberi può essere tondeggiante oppure ovale
e, in molti casi, rappresentano l’elemento distintivo. Le foglie hanno
forma variabile, con nervature parallele, in genere lisce e prive di
peli. I fiori delle orchidee sono riuniti in infiorescenze. Essi
presentano una struttura di base sostanzialmente simile, con simmetria
bilaterale e sono formati da 6 parti disposte su due piani; si ha grande
varietà di forme, dimensioni e colori. L’impollinazione avviene per sola
via entomofila (tramite insetti). I semi, piccolissimi, vengono
trasportati dal vento e per questo le orchidee possono essere
considerate piante colonizzatrici.
PERCORSO N°4 “ TREKKING DI MONTORGIALI “
Bivio di Montorgiali-Santuario di S.Giorgio-Polveraia
Cartina topografica
Altimetria del percorso
DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO
Il percorso si sviluppa nella zona nord-ovest del Comune di Scansano e
congiunge, idealmente, le due frazioni di Montorgiali e Polveraia.
L’itinerario inizia dalla località Bivio di Montorgiali (mt.330) e si
dirige verso nord in direzione Il Poggio (un piccolo gruppo di case)
fino ad arrivare al campo sportivo. A questo punto ci si immette, sulla
destra, in una vecchia strada doganale che conduce al Fosso
dell’Inferno. Qui si incontra un antico ponte romano di epoca tardo
imperiale che rappresenta un punto particolarmente suggestivo
dell’itinerario. Superato il ponte, si sale, per poche decine di metri,
fino al cimitero di Montorgiali. Qui inizia il tratto “urbano” del
percorso che, su strada asfaltata, ci conduce al paese dove si può
visitare, dall’esterno, l’antico castello. Riprendendo il percorso, si
prosegue sulla strada che porta a Colle Fagiano fino ad incontrare una
indicazione che segnala il santuario di S. Giorgio. Il sentiero prosegue
di nuovo per un’antica strada doganale che dopo circa 600mt. (partendo
dal paese) ci conduce al santuario. Da questo luogo si può godere di una
splendida vista che giunge fino alla pianura grossetana. Dalla chiesa si
discende per un breve tratto di strada asfaltata fino ad imboccare di
nuovo la strada per Colle Fagiano; ma, giunti all’altezza
dell’indicazione Podere Perucci, si gira sulla destra. Giunti al podere
si prosegue fino ad arrivare a due piccole colonne di mattoni e si
imbocca sulla destra una nuova strada doganale. Quest’ultima in alcuni
punti è stata modificata da lavorazioni agrarie per cui è necessaria un
po’ di accortezza nel proseguire verso il Fosso delle Infiammate. Si
scende, per circa 400mt., fino al fosso e quindi si risale per altri
300mt. fino alla strada provinciale Pancole-Polveraia. Si imbocca la
strada asfaltata in direzione Pancole, sulla destra, e si prosegue fino
all’indicazione per il podere Il Pisciolo. Raggiunto il podere, si
continua a salire superando una scaletta di servizio proseguendo fino
alla sterrata che sulla destra ci conduce al podere Termine. Si gira poi
sulla sinistra in direzione del podere Belvedere. Giunti in prossimità
della sommità del Poggio della Rustica (602 mt.), si può proseguire
verso il podere suddetto, oppure, salendo sulla sinistra, lungo un
sentiero poco evidente, si può raggiungere uno slargo da cui si gode
nelle giornate più limpide, di una vista veramente spettacolare che
spazia dal monte Amiata fino al litorale grossetano. Proseguendo per il
podere Belvedere, si giunge ad un cancello che indica una proprietà
privata. Sulla sinistra, superato il cancello usato per il contenimento
del bestiame, si procede sempre in discesa, per circa 2 km fino al
podere Acquerella. Da lì non sarà difficile proseguire per il piccolo
centro abitato di Polveraia (280 mt.) seguendo la strada sterrata che
arriva dal castello di Montepò.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Montorgiali
Durante il Medioevo Montorgiali fu una delle località fortificate di cui
gli Aldobrandeschi si servivano per il controllo della parte collinare
della Contea. Ad attestare l’antichità della fortificazione vi è una
bolla del 1188 di Papa Clemente III a Ranieri, vescovo di Sovana, in cui
per la prima volta compare il nome del castello di Montorgiali. I conti
di Montorgiali, tradizionalmente legati agli Aldobrandeschi,
cominciarono ben presto però a risentire della spinta espansionistica
della Repubblica di Siena e a subirne l’influenza; nel 1250 si misero
sotto la protezione dei senesi e nel 1378 vendettero alla repubblica il
castello e i suoi diritti. Montorgiali e Cotone divennero comuni
autonomi che si contrapponevano a Scansano rimasto sotto l’influenza
degli Aldobrandeschi. Il passaggio di Montorgiali, nel XVI sec., alla
signoria dei Medici, poco interessati alla valorizzazione di questa
zona, determinò il declino del paese che ebbe invece una nuova fioritura
con la dominazione dei Lorena nel XIX sec. Quando Montorgiali fu incluso
nel granducato di toscana, infatti, ci fu un nuovo sviluppo agricolo con
l’”appresellamento” ( da cui il nome della località Preselle) del
territorio in piccoli poderi. Si formarono inoltre nuovi centri come
Bivio di Montorgiali e Pancole.
La leggenda di S.Giorgio
La leggenda narra che Giorgio, coraggioso soldato dell’esercito romano,
fosse costretto a rifugiarsi a Montorgiali a causa della persecuzione
contro i cristiani e lì rimase fino alla morte. Dopo molti anni, un
terribile drago sanguinario, divoratore di giovani e fanciulle, cominciò
a terrorizzare i dintorni. Una sera, si sentì lo scalpitare di un
cavallo lungo le strade del paese e un cavaliere biondo su un bianco
destriero fu visto allontanarsi al galoppo; in lui gli abitanti del
paese riconobbero S.Giorgio e, affascinati dal prodigio, si misero a
seguire le orme del cavallo. Dopo esser passati dalla fonte del drago,
dove la bestia era solita abbeverarsi, ed aver costeggiato il fosso
dell’Inferno, risalirono in alto dove videro il drago, ucciso,
circondato dal suo sangue.
La suggestiva leggenda, diffusasi verso l’XI sec., non ha fondamento
storico sebbene la storia di S.Giorgio, uccisore del drago e salvatore
di un’inerme fanciulla, sia stata tramandata nella letteratura medievale
e rappresentata in varie forme artistiche.
Tuttavia ogni anno, il 23 aprile, ricorrenza della festività del santo,
a Montorgiali si ricorda l’uccisione miracolosa del drago con una
cavalcata per le strade del paese, cavalcata che poi prosegue fino al
santuario del santo, poco lontano da Montorgiali. Se così non fosse, si
racconta, S. Giorgio esprimerebbe il suo disappunto galoppando
incessantemente per tutta la notte lungo il paese.
Le notizie storiche su S.Giorgio sono scarse: originario della
Cappadocia (secondo alcune versioni) e tribuno militare in Palestina, fu
ucciso a causa della sua fede, apertamente professata, forse durante le
persecuzioni di Diocleziano a Lidda (Lod in Israele). E a Lidda secondo
la tradizione più antica, sarebbero rimaste le sue reliquie; la chiesa
copta afferma, invece, che esse furono traslate nella Cairo vecchia, in
Egitto, nella chiesa a lui dedicata. Il culto del santo si diffuse
intorno al V sec. ed egli è venerato nelle tradizioni cristiane sia
dell’Occidente che dell’Oriente, mentre nell’agiografia islamica ha il
titolo di “profeta.”
Diverse città, come Venezia e Genova, e Stati, come Inghilterra e
Portogallo scelsero S. Giorgio come protettore. Fin dal XIV sec. fu
considerato uno dei quattordici santi con particolari poteri di
intercessione. S.Giorgio è il protettore di combattenti, militari,
contadini, Scout, giovani esploratori, sellai e cavalli.
Polveraia. Polveraia si sviluppò quando le famiglie di pastori e
contadini della cittadella del Cotone vi si rifugiarono in cerca di
nuova occupazione. La chiesina di S.Matteo risale al 1618.
NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Lungo la SS. 322 Grosseto-Scansano, nei pressi del Bivio di Montorgiali,
si possono osservare, disposti in filare, diversi esemplari di Maclura (M.pomifera).
Questo albero originario degli Stati Uniti Centro-Occidentali, è stato
introdotto in Italia nel 1818 per farne siepi e per rifornire gli
allevamenti di bachi da seta in un momento in cui gli allevamenti di
gelso scarseggiavano. Gli indiani del Nord-America da questa pianta,
anche detta arancio degli Osage, ricavavano archi perché il legno è
flessibile ed elastico. Il frutto non è commestibile ed è formato da
tante piccole drupe (frutti composti da più strati, come le olive)
appressate che ricordano anche un po’ nel colore un’arancia.
La vegetazione collinare che si può incontrare salendo verso il Poggio
della Rustica (602 mt.) è rappresentata dalla foresta decidua
sub-montana a carattere xerofilo e mesofilo (non troppo esigente in
fatto di umidità!) in cui le specie più comuni risultano cerri,
roverelle, frassini e ornielli. Nei versanti più assolati e a quote più
basse, si può comunque osservare la vegetazione mediterranea sempreverde
caratterizzata dalle “sclerofille” (foglie dure e coriacee) con lecci,
corbezzoli, eriche e lentischi.
Nei punti in cui il percorso si sviluppa nelle vicinanze dei corsi
d’acqua (fosso dell’Inferno, Fosso delle Infiammate) si possono
osservare specie erbacee tipiche di zone umide (felci ed equiseti tra le
Pteridofite, il farfaraccio tra le Angiosperme). In questi ambienti,
inoltre, si sviluppano esemplari di notevoli dimensioni delle specie
tipiche della zona (lecci, frassini e ornelli), proprio a causa di un un
apporto idrico maggiore.
Per ciò che riguarda l’aspetto faunistico, le presenze animali risultano
abbastanza rarefatte anche se, ad esempio tra i mammiferi, il cinghiale,
l’istrice e il tasso sono ritenuti presenti in buon numero. E’ forse più
facile osservare direttamente gli uccelli, come la ghiandaia ed il merlo
nelle aree diboscate, mentre nei luoghi un po’ più aperti, si possono
vedere dei rapaci come la poiana e il gheppio. Comunque è pur vero che
le aree con abbondante vegetazione offrono ancora rifugio e,in certi
casi, sostentamento ad un buon numero di animali selvatici.
TREKKING N° 5 ” POMONTE-GHIACCIO FORTE-POMONTE “
Cartina topografica
Altimetria del percorso
DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO
Il percorso si sviluppa nella zona est del comune di Scansano. Parte
dalla fattoria di Pomonte e vi ritorna con un itinerario circolare, dopo
circa 13 km.. Con le spalle alla fattoria ci si incammina sul sentiero a
sinistra che ci conduce verso il Colle di Pomontaccio e, prima di
arrivare alla porcilaia di Pomonte, si devia sulla destra e si prosegue
fino ad incrociare la strada vicinale che conduce in località Torricelle.
Si attraversa la strada asfaltata e si prende una strada poderale
sterrata che prosegue in salita, superando due case coloniche, verso
Poggio Marcucci. Presso una officina di macchine agricole, si trova un
grosso cancello per il bestiame che, una volta superato, ci consente di
raggiungere, dopo circa 200m, il Fosso Sanguinaio. Si attraversa un bel
bosco di cerri e, una volta giunti al fosso, si guada risalendo poi un
sentiero sulla sinistra. Si sale ancora, sulla destra, per circa 300mt.
e quindi si esce dal bosco, fino ad incontrare la strada sterrata che
conduce alla zona archeologica di Ghiaccio forte. Volendo si può
proseguire sulla destra in direzione degli scavi, che è possibile
raggiungere facilmente seguendo le indicazioni turistiche. Proseguendo
invece sulla sterrata per ancora 1800 mt., si raggiunge il fiume Albegna
dopo aver superato il podere Aquilana. Scendendo sulla sinistra per
circa 1 km., si giunge al fiume dove è possibile fare dei tranquilli
pic-nic. Nei pressi della confluenza tra il torrente Sanguinaio e il
fiume Albegna, si prende una strada sterrata che dopo circa 1 km. ci
conduce in località Torricelle. Qui si imbocca una sterrata più larga e
si prosegue sempre tenendosi sulla destra il fiume. Si raggiunge la
strada asfaltata che si percorre fino al ponte sul Fosso Mozzapiede e, a
questo punto, si scende sulla riva destra che viene risalita seguendo
delle frecce rosse segnate sulle rocce del greto. Ci si ricongiunge,
dopo circa 300 m. con un sentiero che prosegue sulla riva sinistra e che
ci porterà alla fattoria di Pomonte dopo aver nuovamente guadato il
torrente.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Pomonte
Il complesso rurale di Pomonte risale al XVI sec.. A quell’epoca, la
contea aldobrandesca di S.Fiora era già passata agli Sforza grazie al
matrimonio di Cecilia Aldobrandeschi con un appartenente alla famiglia
degli Sforza. La villa, di stile rinascimentale, fu voluta dal conte
Mario Sforza che la fece costruire tra il 1575 e il 1577 con l’intento
di rendere la fattoria, di cui il palazzo era il coronamento, uno dei
centri produttivi della contea di S.Fiora insieme alla più raffinata
“Sforzesca di Castell’Azzara, situata all’altra estremità del
territorio. Rispetto a quest’ultima, l’edificio di Pomonte si presenta
con caratteristiche più semplici e funzionali. A causa di interventi di
restauro effettuati nel Novecento (negli anni Venti e Cinquanta), la
struttura originale è stata modificata: sono stati aggiunti degli
speroni di rinforzo all’esterno, mentre all’interno i cambiamenti sono
stati ancor più sostanziali.
Nel corso del tempo la fattoria cambiò vari proprietari: prima i Medici,
che la cedettero in enfiteusi ai Vivarelli; poi i Lorena che la
vendettero ad un prelato, Pellegrini, elemosiniere della Sacra Ruota.
Nel 1950, infine, la fattoria fu espropriata dall’Ente Riforma e divisa
in poderi. Nei decenni successivi (1966-1967), fu costituito un piccolo
borgo di servizio con una scuola, la chiesa, l’asilo e alcune case.
Attualmente non si può accedere all’interno della villa, di proprietà
privata che, comunque, per l’armonie delle strutture, merita una visita.
Ghiaccio Forte
La fondazione di Ghiaccio Forte (IV-III sec.a.C.), così come di altri
abitati fortificati, va ascritto alla politica della città etrusca di
Vulci che intendeva con la colonizzazione della campagna, raccogliere
gli abitanti in un unico centro (oppidum) stabilendo un nuovo assetto
sociale. La posizione geografica di Ghiaccio Forte, dominante la valle
dell’Albegna, e la presenza di una cinta muraria di circa I chilometro,
indicano, secondo gli studiosi, una strategia difensiva tesa a
controllare, anche a livello sociale, la minaccia rappresentata
dall’espansionismo di Roma sull’Etruria. Le mura sono fornite di tre
porte e costituite da pietre unite da argilla. Esse circondano le cime
di due piccole colline. Il centro abitato, individuato nelle varie
campagne di scavo, si trova proprio nell’avvallamento formato dalle
colline. Al suo interno sono stati individuati, oltre alle case e alle
botteghe, un forno per la fusione dei metalli e un cippo sacro. Il
ritrovamento, inoltre, di statuette votive raffiguranti contadini, con
gli attrezzi tipici del mestiere, confermerebbe l’ipotesi che Ghiaccio
Forte fosse prevalentemente un centro agricolo. L’attività di Ghiaccio
Forte si interruppe all’improvviso e questo aspetto, unito alle tracce
d’incendio, fa supporre che il piccolo villaggio di agricoltori subisse
le vicende della città dominante, Vulci, conquistata dai Romani nel 280
a.C.. I reperti di Ghiaccio Forte sono visibili nel museo del palazzo
Pretorio.
NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Percorrendo questo itinerario è possibile osservare un paesaggio agrario
formato essenzialmente da pascoli e da seminativo non irriguo
(soprattutto graminacee). In alcune zone, come ad esempio tra Poggio
Marcucci e monte Aperto, sono presenti esempi di bosco di querce, cerri
in particolare, allevato a ceduo matricinato, cioè tagliato ad
intervalli di tempo di diversi anni e in cui si sono lasciate sviluppare
alcune piante vigorose per la perpetuazione del seme. In questi boschi
si osservano anche numerosi arbusti tipici delle zone sub-montane.
Particolarmente interessante è anche la zona del fiume Albegna lungo le
cui rive è possibile incontrare esempi di piante idrofile (salici,
pioppi, frassini) e, in certi punti di piante palustri, con le radici
che affondano in strati di terreno molto umidi (giunchi, carici, tife).
Anche risalendo le rive dei fossi Mozzapiede e Sanguinaio, affluenti
dell’Albegna, ci si può imbattere in una vegetazione di questo tipo.
A livello faunistico, in questi luoghi, intensamente coltivati e
frequentati con continuità dall’uomo, non è facile osservare
direttamente animali selvatici, anche se il segno del loro passaggio ne
indica significativamente la presenza. E’ appunto tramite particolari
indicazioni, a volte non percepite dall’occhio disattento, che si
possono individuare forme viventi di discrete dimensioni. In primo luogo
le orme e gli “insogli” del cinghiale (pozze di fango utilizzate
dall’animale per liberarsi dai parassiti), gli aculei dell’istrice, gli
ingressi delle tane sotterranee del tasso.
TREKKING N° 6 “BACCINELLO”
Cartina topografica
Altimetria del percorso
Il percorso manca della descrizione dell’itinerario; per ogni ulteriore
informazione, e contattare guide locali, ci si può rivolgere a Mucci
Rudi, proprietario del bar della piazza di Baccinello (tel.0564/594013).
Il locale è chiuso il lunedì; dal mese di luglio e agosto è aperto anche
il lunedì pomeriggio.
NOTE DI INTERESSE STORICO
Baccinello
Baccinello è un piccolo paese che ebbe sviluppo durante l’attività
mineraria , quando vi abitavano i minatori e le loro famiglie. La parte
più antica dell’abitato, denominato “Fattoria Vecchia,” appartiene alla
seconda metà dell’Ottocento.
Gli affioramenti di lignite di Baccinello, conosciuti già a fine
Ottocento, fanno parte di un unico blocco che si estende dal paese fino
a Cana .
Sembra che il giacimento di lignite di Baccinello sia stato individuato
nel 1911-1912 e che già nel 1916 fosse aperta una miniera vicino alla
Fattoria. Secondo i dati forniti dal Franco Ferrari, ex minatore,
l’attività estrattiva fu iniziata dalla società Ansaldo che ottenne
buoni risultati; nel 1929, però, la miniera fu chiusa. Fu riaperta nel
1935 con Le Società Agricole Maremmane. Nel 1940 gli azionisti delle
società centrali di Milano separarono l’attività agricola (Società
Agricola Grossetana) da quella industriale che venne assorbita dalla
Società Mineraria Valdarno. Quando l’Italia entrò in guerra-10 giugno
1941- le miniere della Società Valdarno vennero dichiarate stabilimento
ausiliario, per cui si poteva evitare di essere richiamati “al
fronte”,scegliendo di rimanere in miniera, attività comunque pericolosa
a causa della presenza del grisù, un gas che poteva esplodere in modo
improvviso. Alla fine della guerra la miniera subì una crisi produttiva
che, a sua volta, determinò una tensione forte tra i lavoratori a causa
della riduzione del personale. Dopo altre vicende, nel 1945 si costituì
la CO.MI.BA:-Cooperativa minatori Baccinello- che apportò modifiche
strutturali che migliorarono l’attività estrattiva. Ciò non bastò a
impedirne la chiusura definitiva nel 1959 a causa delle mutate
condizioni economiche che rendevano la miniera non competitiva. Poco
prima che questo accadesse, però, la miniera di Baccinello divenne
centro di interesse per la comunità scientifica internazionale. Nel 1955
il professor Hurzeler, dell’Università di Ginevra, aveva ottenuto
l’autorizzazione, dalla direzione della miniera, di controllare il
materiale estratto alla ricerca di uno scheletro di ominide che già
aveva cercato sul Monte Bamboli, vicino Massa marittima. Durante
l’estrazione del minerale, infatti, venivano ritrovati, frantumati e
misti al carbone, resti fossilizzati di animali e, forse, di ominidi. Il
professor Hurzeler, insieme al suo aiutante, professor Lorenz,
continuarono la ricerca per oltre due anni, ma senza successo. Il 2
agosto 1958, durante la “gita” (turno) di notte, un blocco di “marma”si
distaccò dal soffitto della galleria e in esso i due minatori, Azelio
Giustarini e Enzo Boccalini, riconobbero uno scheletro intatto di ciò
che il professore stava ricercando da tanto tempo: il cosiddetto ominide
di Baccinello. Secondo gli scienziati, l’Oreopithecus non è un ominide,
“ma il più controverso primate mai rinvenuto”( S.Moyà Solà e M. Kohler).
Era alto circa 1m e10 e presentava una conformazione scheletrica che ha
fatto presupporre la bipedia; inoltre aveva il pollice e l’indice
opponibili, caratteristiche queste ritenute, fino a quel momento, di
esclusiva prerogativa umana. L’Oreopithecus non è, però, l’unico
elemento di interesse della fauna del Miocene di Baccinello, in quanto
l’habitat in cui visse era particolare: una paleo-isola, situata
nell’attuale mar Tirreno, che apparteneva ad un arcipelago rimasto
isolato dal continente europeo per alcuni milioni di anni. La specie
Oreopithecus si estinse e per questo non si conoscono legami diretti con
la linea evolutiva che ha portato all’uomo moderno; ciò nonostante, lo
scheletro ritrovato dal professor Hurzeler continua ad essere studiato
con molto interesse e curiosità..
Foto del prof. Hurzeler con l’Oreopithecus e commento del prof.
Trascritto sul retro.
TREKKING N° 7 “ SCANSANO- MARINA DI ALBERESE “
3 a: Cartina topografica(prima frazione)
3 b: cartina topografica(seconda frazione)
3c: altimetria del percorso e descrizione dell’itinerario
Prima frazione: Scansano-Poggio Rossino (19 km circa )
Il percorso parte dal paese di Scansano e si dirige verso nord-ovest, e,
più precisamente, si innesta sul percorso escursionistico
Saturnia-Montiano segnato con indicatori bianco-rossi dalla Provincia di
Grosseto, all’altezza della cantina sociale del Morellino di Scansano in
direzione della provinciale che da Scansano porta a Grosseto. Per
raggiungere questo punto, è preferibile percorrere il bel sentiero
fiancheggiato da alti lecci che va in direzione del serbatoio
dell’acquedotto di Scansano, il cosiddetto “fungo”. Alla fine di questo
sentiero, volgendo sulla destra, in direzione appunto del “fungo,”si può
osservare una maestosa pianta di pino domestico. Dalla cantina ci si
incammina verso la provinciale che collega Scansano a Grosseto e,
all’altezza di una croce di legno, si imbocca, una volta attraversata la
strada, un sentiero sterrato segnato da colori bianco-rossi. Dopo poche
decine di metri, si prende sulla destra, seguendo la segnaletica
escursionistica, e si prosegue per Fonte al Carpine. Al crocevia di
sterrate, che si incontra dopo un breve tratto di sentiero immerso nel
verde, si prosegue diritto in direzione del podere Polverone. Da questa
località, seguendo il sentiero principale, che fiancheggia pascoli e
arbusteti per circa 2 km., e che prevede il guado del torrente “Patrigone”,
ci si ricollega con la strada asfaltata delle Mandorlaie nei pressi
dell’omonima trattoria. Ci si immette quindi sulla strada asfaltata, in
direzione Montiano, e dopo 200 m. si imbocca una sterrata abbastanza
agevole in discesa e che ci conduce sulla strada per Poggio La Mozza. Si
supera la strada asfaltata e si prosegue su una strada bianca fino
all’altezza del podere Spadino di fronte al quale bisogna immettersi su
un sentiero meno battuto, seguendo delle reti di recinzione per il
bestiame, in direzione della macchia di M.Bottigli. Il percorso
all’interno della macchia è di circa 9 km. Si segue il sentiero
principale all’interno della macchia in direzione Cima Poggi (340 m.) e
poi Santi Alti. L’ultimo tratto, infine, è in discesa fino alla zona di
Poggio Rossino, poco distante dalla provinciale Montiano-Grosseto, dove
si trovano alcune aziende di agriturismo in cui pernottare.
Seconda frazione: Poggio Rossino-Marina di Alberese (Poggio
Rossino-Podere Isonzo km 12.5; Podere Isonzo-Focedell’Ombrone circa 6
km)
Dalla località Poggio Rossino ci si porta in direzione della provinciale
che collega Grosseto a Montiano; dopo averla attraversata ed aver
guadato il Fosso Rispescia, si prende, in direzione nord-ovest, una
sterrata che dopo circa 4 km. ci porta sul Poggio di Rispescia. Dal
poggio si gode un bellissimo panorama sulla pianura grossetana e sui
monti dell’Uccellina. Discendendo dal poggio si attraversa il centro
aziendale e scolastico che prende il nome dal vecchio complesso
convittuale ENAOLI. Si prosegue quindi in direzione della SS. Aurelia e
del centro abitato di Rispescia e, dopo averlo fiancheggiato in
direzione Alberese, si scende per il sottopassaggio della linea
ferroviaria Roma-Grosseto. Si torna momentaneamente indietro per
imboccare la poderale che conduce in località podere Cirene e si
prosegue verso il fiume Ombrone che verrà raggiunto dopo circa 1,5 km.
di sterrata all’altezza della sua riva sinistra. Da lì in poi si
costeggerà sempre il corso del fiume fino ad arrivare alla foce; in
questo percorso, di circa 10 km., si toccano le località della Barca
(qui si possono affittare delle canoe e percorrere un tratto del fiume
fino alla foce), presso il Podere Isonzo, dello Spolverino, delle
Macchiozze, di Campo al Pino, poco dopo aver osservato l’antica torre
della Trappola, ed infine si giunge alla foce del fiume dove è possibile
osservare l’edificio dell’idrovora di San Paolo. Dalla foce del fiume si
può arrivare a Marina di Alberese attraverso due percorsi: uno si snoda
sulla spiaggia e un breve tratto di pineta; l’altro segue la strada
asfaltata che fa parte dell’itinerario contrassegnato dalla sigla A7 del
Parco Regionale della Maremma ( Attenzione! Per accedere alla zona del
Parco è necessario avere i biglietti di ingresso, che comunque, è
possibile acquistare in anticipo presso il Centro visite di Alberese).
Quest’ultimo percorso ci è sembrato utile per sottolineare idealmente il
legame tra il paese collinare di Scansano (sede dell’Estatura, durante
il periodo della malaria) e la pianura grossetana, che una volta
bonificata, è diventata , anche grazie al Parco, una meta turistica
molto conosciuta.
NOTE DI INTERESSE STORICO
L’inchiesta di Sallustio Bandini sulla situazione socio-economica della
Maremma, presentata nell’opera Discorso sopra la Maremma di Siena, in
cui venivano sottolineate le cause del degrado e le possibili soluzioni,
servì a Pietro Leopoldo, principe illuminato, per avviare delle
iniziative concrete di intervento.
Il matematico gesuita Leonardo Ximenes si occupò dell’area del lago di
Castiglione; il suo progetto prevedeva la costruzione di un canale,
navigabile fino a Grosseto, che rinnovasse la palude con l’acqua dell’Ombrone
affinché si mantenesse costante il livello del lago evitando fenomeni di
putrefazione dell’acqua che si credevano all’origine della malaria; un
altro canale, invece, regolato dalle cateratte della casa Rossa
(1767-68), doveva far defluire l’acqua verso il mare. La costruzione dei
canali non dette l’effetto sperato e ciò determinò una variazione negli
interventi iniziali. Con la legge del 27 novembre 1828, emanata da
Leopoldo II, iniziò il progetto, ideato da Vittorio Fossombroni, della
colmata della palude grossetana. I lavori furono seguiti sia
dall’ingegner Fossombroni che dall’ingegner Alessandro Manetti. Nel
1829-1830, in soli 160 giorni, venne scavato il canale Diversivo che
aveva lo scopo di convogliare l’Ombrone in mezzo alla pianura in modo
che i depositi di terra e fango riempissero gradualmente la depressione
in cui si era formata la palude. Dalla zona di Ponte Tura (S.Martino),
in cui si stratificarono interventi e opere idrauliche per circa un
secolo, prese avvio l’opera di colmata della pianura “ (..), tutto il
territorio ad ovest di Grosseto appare come una grande pianura
alluvionale artificiale, frutto di un enorme spostamento di terra”. Fino
al 1859 si intrapresero circa venti campagne lavorative per i lavori di
manutenzione, per costruire le vasche di decantazione delle acque
torbide, per scavare i fossi scolmatori per far defluire le acque chiare
al mare; tra il 1830-1838 furono costruiti tre canali artificiali, il
S.Rocco, il S.Leopoldo e il Bilogio, emissari del lago; nel 1831-1832 fu
scavato un secondo Diversivo verso il Casotto dei Pescatori. Tra il 1928
e il 1939 furono costruiti altri canali di drenaggio; impianti idrovori
elettrici sollevavano le acque stagnanti convogliandole verso i canali
scolmatori. Furono costruiti strade di bonifica, acquedotti e borghi
rurali. Nel 1948 le opere di bonifica furono considerate ultimate e la
malaria fu quasi del tutto debellata (l’ultimo caso accertato sembra
risalire al 1960). Nel 1950 venne approvata la riforma agraria che
divise il latifondo in piccole unità poderali a conduzione diretta; ogni
casa colonica era edificata sul proprio fondo, ad eccezione del borgo di
Rispescia. Nel frattempo uno zoologo italiano, Giovanni Battista Grassi
(1854-1925), aveva scoperto nella zanzara Anopheles, il cui habitat sono
le acque stagnanti, il genere tramettitore della malaria, descrivendo il
ciclo del parassita nel corpo umano.
3d. NOTE DI INTERESSE GEOLOGICO E PALEONTOLOGICO
Da Scansano a Fonte al Carpine si possono rilevare affioramenti che
risalgono al Miocene Superiore. Si evidenzia, in particolare, una
frammentazione comglomeratica di tipo sabbioso-argilloso in ambiente
deltizio e fluvio-lacustre, stratificato con lenti letti gessosi e in
genere priva di fossilio, se presenti, in differenziabili. In alcune
zone, più argillose, è presente microfauna di ambienti marini (pliocene)
e umidi di picnodonta navicularis. Nella zona del podere Polverone si
evidenziano affioramenti appartenenti all’eocene medio: le tipologia di
roccia più evidenti sono il flysch calcareo-marmoso e argillo-scistoso.
Nella zona circostante si possono trovare affioramenti del quaternario
antico con calcari travertinosi, conglomerati a cemento calcareo e
puddinghe a lumachine. Nei pressi di Poggio Rossino gli affioramenti
presenti sono del quaternario recente con conglomerati sciolti o
debolmente cementati da una matrice sabbioso-argillosa.
Nell’attraversamento della faglia Poggio Cascino-Alberese si può
rilevare terreni sabbioso-ghiaiosi del quaternario recente, accompagnati
in genere da corsi d’acqua: gli affioranti non sono vistosi.
3 e: NOTE DI INTERESSE NATURALISTICO
Il percorso che porta da Scansano a Marina di Alberese consente di
apprezzare la varietà degli ambienti che delineano il territorio
maremmano in un susseguirsi di panorami e vedute veramente suggestive.
Si incontrano, infatti, boschi formati da essenze continentali(boschi
sub-montani di caducifoglie) come nel tratto alto dell’itinerario, ed
anche, spostandosi a quote inferiori, associazioni vegetali formate da
piante adattate ai climi temperati o sub-aridi come le sclerofille(boschi
e macchie mediterranee). A queste coperture vegetali, talvolta
imponenti, come nel caso della macchia di M.Bottigli, si alternano zone
con vegetazione arborea più sporadica perché dominate dai pascoli e dai
coltivi. Anche le zone più intensamente sfruttate per scopi agrari
dall’uomo conservano, comunque, una discreta quantità di piante sia in
forma di siepi, sia come esemplari isolati(roverelle e sughere in
particolare) che talvolta raggiungono grosse dimensioni. Le coltivazioni
dominanti sono la vite, l’olivo, i seminativi asciutti, le foraggere. In
questi ambienti riescono ancora a vivere diverse specie di animali
selvatici, tra i quali diversi interessanti mammiferi, come la volpe(Vulpes
vulpes), il tasso(Meles meles), il cinghiale(Sus-srofa major),
l’istrice(Histryx cristata), il capriolo(Capreolus capreolus). Essi
riescono trovare cibo e riparo grazie alle abbondanti coperture vegetali
di questi luoghi e talvolta anche ricorrendo a “integrazioni” nella
dieta con piante coltivate…senza il consenso dei proprietari! Nella
parte “bassa” dell’itinerario, cioè quella che si sviluppa
essenzialmente lungo il corso del fiume Ombrone, si può osservare un
paesaggio più “antropizzato” in cui gli interventi dell’uomo a partire
dall’imponente bonifica idraulica che ha reso coltivabile l’area molto
vasta, hanno trasformato in maniera molto evidente i lineamenti del
paesaggio naturale. Le coltivazioni si fanno più intensive, e anche se
continuano a recitare un ruolo primario le colture cerealicole,
compaiono in appezzamenti irrigui il mais e il girasole. La vegetazione
naturale occupa ormai piccoli spazi, anche le siepi sono del tutto
scomparse per far posto a qualche impianto di frangivento costituito da
specie non autoctone. Gli ultimi lembi di vegetazione spontanea crescono
lungo i canali di bonifica ma, soprattutto, lungo il corso del fiume
Ombrone, oppure nelle vicinanze delle zone paludose costiere. Questa
vegetazione è costituita per gran parte da specie che prediligono suoli
umidi e profondi e che nella stagione invernale perdono il fogliame.
Lungo la costa, inoltre, si possono osservare grandi estensioni di pini
domestici(Pinus pinaster), impiegate per la raccolta di pinoli e
legname, ma sulle cui origini non vi sono prove certe di comparsa
autoctona non dipendente da impianti colturali. Ai limiti della terra
ferma, sulla riva del mare, crescono talvolta essenze “pioniere” che
riescono a colonizzare ambienti molto ostili come le sabbie roventi e
salse del litorale, costituendo in questo modo gli ultimi lembi dei
nostri territori ancora realmente incontaminati. In questi ambienti di
pianura diventa difficile incontrare fauna selvatica, perché gli spazi
che offrono riparo sono veramente ridotti e anche in questo caso le
coltivazioni non sono a disposizione degli animali selvatici. Lungo le
rive del fiume o lungo la costa è possibile comunque osservare una
notevole quantità di uccelli che per le loro caratteristiche riescono a
spostarsi nei luoghi più opportuni per l’alimentazione con minori
difficoltà rispetto ad altri animali. Sono presenti sia specie
“svernanti” , sia specie “migratorie” che si concentrano nelle stagioni
primaverili e autunnali. Nel periodo primaverile-estivo sono frequenti i
richiami del coloratissimo Gruccione (Merops apiaster), delle Upupe
(Upupa epops), mentre sicuramente più raro è quello della splendida
Ghiandaia marina (Coracias garrulus).
4: QUALCHE CONSIGLIO PER GLI ESCURSIONISTI…
La sera precedente l’escursione bisogna ricordare, nel preparare lo
zaino, di tenere a portata di mano nelle tasche esterne: la carta
topografica, il binocolo, la macchina fotografica e la bussola.
Durante l’escursione è consigliabile mantenere lo stesso passo, non
azzardare scorciatoie, camminare in silenzio e in fila indiana. Per non
perdere la strada giusta, soprattutto alle biforcazioni di sentiero, è
utile girarsi per osservare come apparirà l’ambiente al ritorno; mentre
si cammina, e durante le soste, occorre sempre, comunque, osservare bene
l’ambiente. Talvolta è necessario consultare la carta topografica e,
dopo averla orientata con la bussola, è possibile individuare gli
ambienti che si vedono dal punto in cui si osserva. E’ importante
ricordare di lasciare ogni luogo pulito mettendo i rifiuti nello zaino
e… di mettersi sulla strada del ritorno in orario per arrivare prima del
tramonto.
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